fbpx

Osservando attentamente l’etichetta si trova scritto club 3 P. Ne parla un grande protagonista del vino del Roero. Nella foto di gruppo si vedono i sette pionieri dell’Arneis, tra cui si riconosce Giovanni Negro, testimone di questa storia, in piedi tra le botti del suo Arneis, presso l’azienda ANGELO NEGRO E FIGLI DAL 1670, nel 2021.

I sette pionieri dell'Arneis del Roero
Giovanni Negro, pioniere dell'Arneis del Roero

Il mio nome sarà Arneis

Sono Giovanni Negro. Sono nato qui, nel cuore del Roero, a Sant’Anna di Monteu Roero nel 1949.

Non esistevano le aziende vitivinicole quando ero ragazzo. C’era una economia di sussistenza, con piccolissime proprietà – in media di 2 ettari – in cui si produceva un po’ di tutto. Ogni unità familiare doveva avere un campo per la semina di grano e granoturco, un prato per il foraggio, un bosco per la legna, un pezzo di vigna, un po’ di piante da frutta, in particolare pesche. Tutti avevano la stalla con una, due, massimo tre mucche e qualche vitello. Si viveva di questo.

Noi giovani incominciavamo presto a lavorare in campagna. Io, ad esempio, a sei anni avevo già imparato a scarsuré a mano, sul vecchio, ossia sulla parte della vite sotto l’innesto. A 13 anni andavo già nella vigna a dare l’acqua, con la pompa a spalle. Nel 1964 comprai la prima fresa grande e iniziai il lavoro a tempo pieno: avevo 15 anni!

Un giorno un bravo perito agrario, Piero Quinterno, di Canale, ancora vivente, mi ha invitato a partecipare ai corsi 3 P a livello provinciale. Nel 1956 erano nati, all’interno della Coldiretti, i Club 3 P: Provare, Produrre, Progredire. Quello nato qui a S. Anna è stato uno dei primi nella provincia di Cuneo.

A quel tempo, nelle campagne c’era molta ignoranza. I figli dei contadini frequentavano la scuola in pluriclassi e generalmente si fermavano in quinta elementare. La Coldiretti allora raggruppò i giovani contadini e li invitò ad entrare nei club, che si chiamavano scuola di vita. A S. Anna di Monteu Roero c’era una sede. Ogni anno veniva un professore o perito agrario a istruire noi giovani iscritti. Un anno si parlava di potatura della vite, un altro di coltivazione delle pesche, un altro ancora di concimazione e zootecnia…Ci trovavamo tutti i lunedì. Io, come segretario, dovevo verbalizzare le decisioni. Non c’era solo la teoria, ma anche la pratica: abbiamo fatto il campo sperimentale, affittando un campo ai Rivetti.

L’anno in cui io entrai nel Club 3 P di S. Anna noi andammo in finale, ma poi perdemmo contro Murazzano. Poco male perché lì conobbi quella che poi sarebbe diventata mia moglie! Inoltre poi nel tempo sono diventato il presidente provinciale dei Club 3 P: così ho avuto l’occasione di conoscere tutta la provincia, che contava un centinaio di Club.

Cresceva la mia passione per l’agricoltura. Avevo scoperto che nel 1670 un mio antenato aveva comprato il Podio di Audino ed era proprietario di una vigna. Noi possiamo vantare di essere viticoltori da quella data. Ho la foto del libro che avevo trovato nell’Archivio del Comune di Monteu Roero.

Un giorno, in un incontro del Club 3 P, ho fatto questo ragionamento-proposta: Qui facciamo tanti corsi su vari temi. Abbiamo un oro che non siamo capaci di sfruttare. È l’Arneis!.

Fu una sorpresa, perché a quel tempo (prima del 1970!) non esistevano vigne di Arneis, considerato un vino di serie B. C’erano dei filari di questo vitigno, generalmente per separare il Barbera e il Nebbiolo e per preservare queste uve dagli uccelli (gli stornelli) che preferivano l’Arneis, più dolce e dalla maturazione più precoce. L’Arneis serviva per salvare il Barbera e il Nebbiolo!

Sono tornato a curiosare nell’Archivio del Comune di Monteu Roero, chiedendo all’allora Sindaco Boetti, ed ho trovato vari marchi molto belli, tra questi quello di Negro, con l’angioletto che portiamo sulle etichette. Quel libro è sparito, ma per fortuna ho la foto!

Lì ho scoperto che l’Arneis veniva chiamato Nebbiolo bianco o Bianchetto. Si coltivava solo in pochi paesi qui nel Roero. Veniva vinificato dolce, come il moscato, e imbottigliato. Si stappavano queste bottiglie in occasione delle feste, per Prima Comunione o la Cresima e nei pranzi di famiglia per accompagnare il dolce. Un certo Pietro lo portava al parroco di S. Anna per la Messa.

Un giorno ho detto ad alcuni amici: Lasciamo il bianco dolce i produttori di Moscato, che lo sanno fare, anche perché la loro uva è più aromatica e più adatta ad essere vinificata dolce. Proviamo a fare il bianco secco. In quel momento, in Piemonte c’erano solo l’Erbaluce di Caluso e il Cortese come bianchi secchi da pasto.

Ci abbiamo provato anche noi!

Abbiamo fatto questo esperimento in sette pionieri: Giovanni Negro, che sono io e mi si vede nella foto di gruppo con la camicia scura e la penna sul taschino, Giacomino dei Rivetti, Antonio Viglione, Domenico Marolo, Isidoro Marolo, Antonio Bergadano e Francesco Ferrero. Nella foto ci sono anche  Piero Quinterno e Teresio Ambrosio, ma i pionieri sono solo i sette che ho detto.

Tutto è cominciato qui, nella mia cantina, nel 1971.

Abbiamo pigiato insieme l’Arneis di noi sette produttori, ma l’uva non era sufficiente a riempire la botte di 14 brente. C’era il rischio che, con la botte non piena, il vino diventasse acido e dovessimo buttare via tutto. Decidemmo che l’indomani mattina io sarei andato a Canale al mercato a comperare altra uva: 20 o 30 cassette di Arneis, in modo da riempire la botte.

L’indomani mattina, a Canale, in Piazza San Bernardino, chiesi a diversi produttori di vendermi la loro uva, ma nessuno accettava di vendere a un compratore improvvisato. Molti avevano già venduto. Altri erano in attesa dei commercianti abituali. Per farla breve, alle 11 non ero ancora riuscito a comperare nemmeno una cassetta. Allora lì, davanti alla chiesa di San Bernardino, ho improvvisato il mio primo comizio. Alla presenza dei commercianti che compravano l’Arneis a 500 lire il miriagrammo ho detto più o meno così: Scusate, io sono un contadino come voi. Mi conoscete. Voi lavorate tutto l’anno su queste colline, spargete in terra il vostro sudore per produrre queste poche ceste di Arneis, poi venite qui in piazza, con le mani dietro la schiena e lasciate che quei signori decidano il prezzo della vostra uva. Ecco allora la mia proposta: chi vuole vendere l’Arneis a Negro e ai 3 P di S. Anna, riceverà non 500 lire, ma il doppio: 1000 lire!

A questo punto molti si sono avvicinati a me, invece che ai commercianti abituali.

A casa mia sono cominciate ad arrivare uve da Santo Stefano e dai paesi vicini, con i mezzi di trasporto più strani: carri trainati dalle mucche, trattori testa-calda. Qualcuno è arrivato portando la cesta sulle spalle! Invece di una botte ne abbiamo riempite due… era un vino di qualità.

Così è iniziato il boom dell’Arneis, anche perché il prezzo era di colpo raddoppiato!


La storia di una grande impresa personale e collettiva raccontata direttamente dal testimone Giovanni Negro, pioniere dell’Arneis secco a cui diciamo un sentito e ammirato grazie.

L’azienda ANGELO NEGRO E FIGLI DAL 1670 produce con passione vini di Langa e Roero solo da vitigni autoctoni da più di tre secoli. 

https://www.angelonegro.it/

 

 


Leggi anche la storia

Il Signor Arneis

In un’epoca in cui non esistevano aziende vitivinicole nel Roero e la dura vita degli anni ’50 e ’60 del Novecento si basava su un’economia di sussistenza e piccole proprietà, Giovanni Negro e altri giovani contadini scoprirono ciò che diventerà il grande Arneis del Roero. I Club 3 P di Coldiretti diedero la spinta, la terra generosa del Roero ne fu la culla insostituibile e i sette pionieri fecero la differenza dando il giusto valore ad un grande vino: l’Arneis.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

Fraz. Sant’Anna

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R037, maggio 2021, Monteu Roero

Roero Coast to Coast

per partecipare

segnala una storia

invia una mail alla Redazione