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Museo delle Arti e Tradizioni Popolari – Cultura del Gesso di Magliano Alfieri.

Una foto d’epoca degli anni ’70 del Novecento che mostra la tradizione della Questua delle uova. Accanto un’immagine del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari – Cultura del Gesso di Magliano Alfieri e il profilo del castello degli Alfieri di Magliano.

Magliano Alfieri

Il Gruppo Spontaneo

Eravamo adolescenti, tutte educate ad una sorta di cattolicesimo sociale, quando fondammo un gruppo che attraverso azioni concrete, incontri e dibattiti testimoniava valori come il rispetto degli altri, il sostegno alle persone in difficoltà, l’aiuto economico a chi aveva bisogno e così via. Dal nostro mondo fatto di buone iniziative e buoni propositi guardavamo con interesse divertito a un altro gruppo di persone: maschi, un po’ più anziani di noi, originali che da qualche tempo si occupavano di archeologia locale, canto, cultura popolare, salvaguardia del territorio, ecologia e poesia. Erano Antonio, Renato, Felice e Teresio.

Ci incontrammo per la prima volta nel maggio del 1969, quando a Govone fummo invitati, insieme ad altri giovani, a festeggiare con canti e buoni cibi la rinascita e il rifiorire della natura. Aderimmo.

Era domenica, riuniti nella solita stanzetta dovevamo scegliere con quale canto partecipare all’incontro. Ricordai allora una storia che cantava sempre mia madre, qualcuno preferiva la musica leggera e qualcun’altro pensò ad un testo dello Zecchino d’oro. Erano presenti in oratorio anche Antonio e i suoi amici, i triveleur, così li chiamavano in paese, gli scavatori, per via delle ricerche archeologiche. Antonio sapeva che anni prima le ragazze di alcuni luoghi vicini cantavano il Maggio questuando di casa in casa. Già mi era simpatico quel giovanotto. E fu così che facemmo le nostre prime interviste e registrammo il primo testo della ricca, futura raccolta: il canto di maggio. Fu l’inizio di una collaborazione feconda che divenne presto anche profonda amicizia.

Circolava l’energia di uno stato nascente: impegno politico, attività ecologista, raccolta etnografica, concerti, incontri, progetti, ma anche feste e divertimento.

 

Ridammo vita al Carnevale con il rogo del fantoccio in piazza, le maschere della capra e dell’orso e la polenta per tutti. Era il 1973. Ci avevano raccontato della capra e dell’orso, ma come fare per riportarli in vita? Domandammo in giro, forse la capra veniva da Gallo Grinzane. Andammo là e domandammo ancora finché non la trovammo. Era una bestia beffarda e intrigante, spassosissima e ce la imprestarono. La restituimmo quando il nostro amico falegname Arcangelo la riprodusse: un bastone dentro a un sacco per nascondere la persona che dava vita alla maschera e in cima al bastone quella strampalata testa di capra.

E l’orso? «Per fare l’orso mi ero imbrattato tutto di mostarda e rivoltato in un mucchio di piume di galline…», ci raccontarono. Così qualche giorno prima del Martedì grasso raccolsi dai pollai di Cesare e di Teresina un sacco di piume e le sparsi sopra una tuta da lavoro imbrattata di vinavil, che appesi ad asciugare al sole. Costruimmo poi il fantoccio nella stalla di Carlo una domenica pomeriggio, riscaldati da un bicchiere di buon vino.

Nel carnevale del 1975 mettemmo anche in scena il Processo all’orso, durante il quale si denunciavano i vizi pubblici della comunità: l’immondizia nella bealera, un pilone abbandonato, un’edilizia troppo allegra, ecc. C’erano il giudice, gli avvocati dell’accusa e della difesa, l’orso colpevole (il poverino si portava sulle spalle i reati di tutti) e la folla urlante sceglieva, di volta in volta, tra colpevolezza e innocenza. Alla fine si perdonava l’orso e con l’orso se stessi.

Leggi la storia di vita quotidiana: Bias e l’orso

 

Ricordo il recital per Natale, il cineforum, la nascita della biblioteca… C’era nell’edificio delle scuole una stanzetta senza acqua né luce e da alcuni anni inutilizzata. Con Antonio andammo dal sindaco di allora, Adriano, per avere il permesso di usarla come luogo di incontro, con l’impegno scritto di averne cura. Carlo portò dei vecchi armadi, un cugino il tavolo, qualcuno quattro sedie e io una panchetta, tutti offrimmo un po’ di libri e qualche rivista. E la luce? Romano, artigiano provetto, realizzò tre candelabri in ferro e per un po’ di tempo discutemmo, progettammo, cantammo e ridemmo al romantico lume delle candele. Quello fu il primo nucleo della nostra Biblioteca Civica.

 

Fin dal 1972 avevamo immaginato di realizzare nel castello di Magliano una raccolta museale con gli oggetti, i canti, le storie che stavamo raccogliendo presso i contadini del nostro paese e dei paesi intorno: il Museo dei soffitti in gesso fu inaugurato nel 1994 e il Teatro del paesaggio nel 2015. Fu così che, poco a poco, prese anche vita il Gruppo Spontaneo Maglianese, formato da quelli di noi che si occupavano dei canti contadini e della loro riproposta. Si fecero concerti in varie regioni d’Italia, in Francia e in Germania e si collaborò con altri cantori e altri ricercatori conosciuti cammin facendo. Con qualcuno abbiamo tutt’ora contatti di lavoro e di amicizia.

 

Avevo 23 anni, la mia prima Questua delle uova a Barbaresco fu per me una sorta di battesimo della natura. Quel sabato sera sarei andata a cantare le uova: un maglioncino blu e una gonna azzurra, pantofole bianche ai piedi e il cestino per raccogliere i doni, ricordo tutto! Da giorni non pensavo che a quella sera: verso le 19,30 mi avviai al punto di ritrovo, correvo e il cuore mi batteva a mille, sorridevo da sola, sorridevo alla vita, sorridevo a quella possibilità di gioia. Chi non l’ha sperimentato non può capire: la passeggiata tra i coltivi verso il Tanaro, la luce della luna, il chiacchiericcio sommesso degli amici, il profumo delle erbe e della terra umida, i rumori della notte, i canti degli uccelli, il suono lontano dell’acqua e poi il fiume! La risalita, la collina di Barbaresco e i cortili, una casa dopo l’altra, con il canto, il ballo, le uova e un bicchiere di vino. Poi il ritorno, il cuore colmo di gratitudine, ma le gambe stanche e gli occhi sonnacchiosi, una sorta di veglia sognante in cui io stessa mi facevo fiume, campo e notte.

 

La notte in quegli anni era il tempo dell’amicizia e della creatività. Ricordo quel sabato, quando lasciammo un cartello sul retro di una chiesetta campestre che alcuni cittadini del paese (non dirò quale) usavano come riferimento per scaricare l’immondizia di casa. Il cartello diceva: «Difendere i monumenti. Vietato buttare la “rimenta”» e si citava la legge. Ora la cappella è restaurata e il prato attorno è ben curato.

 

Piccoli gesti, un’infinità di piccoli gesti perché il nostro pensiero diventava subito azione concreta, dove etica e divertimento – qualche volta goliardia – coesistevano armoniosamente. Come quando  per asfaltare la piazza di Sant’Antonio era stato abbattuto un platano: bucammo l’asfalto e ripiantammo un albero piccolino che ora è cresciuto ed è diventato il luna park di gazze e tortorelle. O come quando, durante il restauro di una cascina, imbracammo la Madonna dipinta sulla facciata per poterla sollevare e salvare dalla distruzione. Cadde rovinosamente. Conservammo i frantumi sul mio fienile in attesa di tempi migliori. E vennero i tempi migliori. Ora la Madonna è tornata ricomposta nel  suo borgo in una nicchia presso la quale si recita il rosario nel mese di maggio.

 

Questa, nel mio sentire, è una parte della vera storia del Gruppo Spontaneo Maglianese, anche se le sue attività più note e riconosciute sono stati i canti popolari contadini. Ormai molti di noi ci hanno lasciati, li ricordiamo uno per uno, ogni anno nella prima domenica di luglio presso il capanno sulla collina del Bosco, il “bosco sacro” di Antonio.

 

Silvana Volpe


Si ringrazia la testimone del Roero Silvana Volpe.

La storia in prima persona del Gruppo Spontaneo Maglianese, un gruppo noto e riconosciuto per aver riscoperto canti, tradizioni popolari contadine e cultura locale. In questo racconto si scopre la forza creativa e l’amicizia che ha dato vita a meravigliose iniziative di comunità, solidarietà e cultura del Roero.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R078, novembre 2021

Roero Coast to Coast

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