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La piazza di Canale con il babi

Nelle immagini la torre medioevale e la piazza con al centro la chiesa di San Bernardino a Canale, il pais dij babi.

La torre di Canale con il babi

Pais dij babi

Piccolo, tozzo, bitorzoluto, aspetto viscido e di colore spento. Se cerca di correre, riesce a malapena a spiccare salti. Se vuole camminare, le sue zampe arrivano stentatamente a farlo strisciare sulla pancia. Almeno avesse una dolce e cinguettante voce come i passeri, che con sua grande invidia, si staccano dal suolo in un batter d’ali… niente, le sue corde vocali emettono solo un sordo gracidio paragonabile alla raucedine di un battitore di piazza a fine mercato.

Certo che una condizione del genere non poteva non relegarlo al fondo della scala delle gradevolezze, tanto che è diventato abituale, per gli umani, considerare il suo regno:

aȓ pian dij babi

al piano dei rospi, al livello della terra.

Ma non basta. A completare la lista degli attributi che caratterizzano il povero batrace, dobbiamo considerare anche il suo nome. Qui pare che il buon Linneo non abbia scialacquato in fantasia e, se ad ogni essere vivente ha attribuito un nome e un cognome in latino, per il nostro rospo è riuscito solamente a mettere insieme due consonanti e due vocali, articolando una sorta di balbettio: “Bufo bufo”.

Anche nel campo degli affetti familiari non sono rose e fiori. Dice un proverbio dei nostri vecchi:

 

pòch ò tut, ȓë stele i smijo ai such”

poco o tutto, i polloni assomigliano al ceppo.

I figli ereditano i caratteri dei genitori. Che cosa vede il babi nel suo piccolo ranabot (girino)? Un esserino nero scodinzolante, grande quanto un brufolo, più simile ad uno spermatozoo che alle sembianze di mamma e papà.

Per il babi il riscatto dall’ingiustizia che la natura gli ha riservato è la sua straordinaria popolarità, nel bene e nel male, di cui pochi esseri animali godono. A partire dalle civiltà primordiali il rospo è  al centro di credenze, rituali, culti di vita e di morte e ingrediente fondamentale delle pozioni magiche e talvolta malefiche delle streghe nostrane.

Lo charme della bestiola risiede anche in una certa capacità di dispensare veleni e nella convinzione popolare che possieda arcani poteri allucinogeni.

Con un curriculum così ricco, poteva l’umile rospo sottrarsi dal diventare l’emblema di Canale? … il pais dij babi! Evidentemente no.


 

Si ringrazia Corrado Quadro per la preziosa testimonianza e l’accurata scelta di molte parole con ironia e affetto, in italiano e in dialetto piemontese, intorno alla parola chiave babi.

 

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Babi a Canale non è una parola come un’altra, infatti si dice che il paese sia il pais dij babi, dei rospi. Il soprannome dei canalesi è babi. La parola babi è un pezzetto di cultura del luogo ed ha scatenato l’immaginazione di intere generazioni alimentando storie e detti popolari.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R044, 1/6/2021, Canale

Roero Coast to Coast

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